“Il signoraggio”: chi era costui? Avrebbe detto Don Abbondio. La parola non è di uso comune e suona un pò misteriosa. Ma in economia ha un preciso significato: si tratta delle risorse reali – beni e servizi – che guadagna chi stampa moneta.
Cosa vuol dire in pratica?
Vi sarete forse chiesti, a proposito della moneta, che cosa succede quando viene messa in circolazione. A stamparla costa poco : il costo della carta, inchiostro, elettricità e manodopera necessari per stampare, mettiamo, una banconota di 20 euro. Sapete che, quando comperate una maglietta, il margine , per il negoziante, è del 50% o anche più: compera a 100 e vende a 150-200. Ma per chi mette in circolazione banconote il margine è immenso: mille, diecimila per cento  o anche più! Un’attività redditizia,  insomma!
Andiamo indietro nel tempo, quando monarchi assoluti, satrapi o despoti avevano il potere esclusivo di battere moneta. Un potere limitato solo dal fatto che, per essere accettata, la moneta doveva avere un valore intrinseco, per esempio essere d’oro o d’argento. Ma, se il re voleva fare una guerra e acquistare granaglie e alabarde per i soldati, e non aveva abbastanza oro e argento, diceva alla real zecca di coniare con le stesse monete di prima, con la stessa effige reale, ma mettendoci meno oro. In questo modo acquistava più granaglie e più alabarde. Il suo potere di creare moneta, insomma, gli permetteva di impossessarsi di risorse reali senza colpo ferire : esercitava il suo potere di “signoraggio”.
In un sistema feudale, i signorotti non tardavano ad accorgersi di quanto fosse comodo battere moneta, e cercavano quindi di rendersi indipendenti dai sovrani attribuendo il diritto di battere moneta. Insomma il “signoraggio” è il vantaggio inziale della moneta. Una volta entrata in circolazione, uno se la deve guadagnare con il duro lavoro. Ma all’inizio, quando viene  immessa per la prima volta, produce un vantaggio a chi la immette.
E il falsario che stampa soldi in cantina esercita anche lui un “signoraggio”? Certo, e questo consiste appunto nei beni e servizi che acquista con i biglietti falsi. Ma si tratta, naturalmente, di un “signoraggio” illegale. E il “signore” rischia la prigione, a differenza di quello che succede con gli autocrati di cui sopra.
Dati gli immensi vantaggi del “signoraggio”, si capisce perché ci sono oggi regole molto strette riguardo all’emissione di moneta. Regole  tante più necessarie perché oggi la moneta è prevalentemente cartacea, ed è quindi tanto più facile, rispetto ai tempi in cui la moneta era metallica e fondata sui metalli preziosi, crearla e spenderla e spanderla.
Le regole sono così strette che neanche i governi possono creare moneta. Sarebbe troppo forte la tentazione di crearla quando, ad esempio per ragioni elettorali, si vogliano fare favori ai cittadini spendendo a loro favore, o riducendo le tasse, ma senza avere i mezzi per farlo: i mezzi vengono facendo lavorare il torchio, cioè stampando allegramente biglietti e bigliettoni.
La storia passata è piena di esempi di governi che hanno abusato del potere di creare moneta. Nella Francia del Settecento, quando si cominciò a giocare con la moneta fiduciaria ( cioè fondata sulla fiducia, cartacea e non intrinsecamente preziosa) la critica del duca di Saint Simon ( inascoltato consigliere del reggente Filippo II, duca d’ Orléans) si rivelò , col senno di poi, corretta: il potere di stampare banconote può essere abusato in una monarchia assoluta, dove la creazione  di moneta è soggetta alle “necessità di guerre mal condotte, alla rapacità dei ministri, favorite o amanti, alla prodigalità di un sovrano...”. Oggi i governi si sono nobilmente spogliati del potere di creare moneta, e lo hanno affidato a un organismo tecnico indipendente, non eletto : la Banca centrale. E che cosa è successo del “signoraggio”?
Il “signoraggio” viene appropriato dalla Banca centrale. Per esempio, quando questa vuole creare moneta, acquista titoli dalle banche e accredita i loro conti per l’ammontare corrispondente. Si crea così moneta, anche se non si tratta più di monete d’oro o di banconote, ma di scritture elettroniche: un accredito sui conto correnti che le banche normali intrattengono con la Banca centrale. Si chiama “moneta scritturale”, maè moneta a tutti gli effetti. La Banca centrale acquista quindi i titoli senza spendere niente del suo (al massimo, quando emette banconote invece di accreditare i conti delle  banche, spende qualcosa per carta e inchiostro): ma su quei titoli guadagna l’interesse che fruttano, e questo guadagno è la versione moderna del “signoraggio”.
Allora, la Banca centrale guadagna un sacco di soldi quando crea moneta? Si, ma la Banca centrale è un istituto pubblico e i suoi guadagni, i suoi profitti, vengono poi riversati al Tesoro, cioè allo Stato. Si chiuede così il cerchio, e il “signoraggio” va a favore della comunità intera invece di essere  appropriato dal sovrano assoluto.
Se il Tesoro, cioè il governo pro-tempore, guadagna dalla creazione di moneta perché percepisce i profitti della Banca centrale, non si crea così un incentivo a creare moneta in modo irresponsabile? No, perché è la Banca centrale e non il governo che decide quanta moneta creare. E gli statuti della Banca centrale affidano a questo il compito di creare moneta secondo le necessità dell’economia e non oltre: con la precisa disposizione di mantenere la stabilità dei prezzi, cioè di evitare l’inflazione.

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